Critiche d'arte

Rosario Pinto
Gregorio Rossi e Chiara Filippini
Prof. Paolo Levi
Dott. Salvatore Russo
“Le Allusioni del Colore”
Gregorio Rossi e Chiara Filippini (2)
Prof. Umberto Burlando
Murpunoza
Domenico Bussi
Mariorosa Belgiovine
Dott. Alberto Gerosa
Ermanno Corti
M. Moli

È una pittura d’ordine informale quella che mette in campo Dino Aresca, artista astigiano, particolarmente attento alle vibrazioni materiche e scrupoloso custode d’una gestualità che diviene lo strumento principe della sua esplicitazione creativa.
Dopo aver seguito un percorso formativo che lo ha reso profondo conoscitore delle tecniche pittoriche, il Nostro ha poi provveduto a ritagliarsi una cifra personale utilizzando la spatola e conferendo al pigmento un ispessimento robusto e pregnante.
È una pittura d’istinto – potremmo dire così –quella di Aresca, ma è anche una pittura particolarmente vigile e scrupolosa, quella in cui, in ispecie, l’artista dà mostra di saper raffrenare le proprie energie per indirizzare l’azione creativa verso la formulazione d’un progetto espressivo tutt’altro che affidato alla mera casualità esecutiva.
C’è spesso, sottesa, nelle sue opere, una tramatura sottile: quasi un ordito geometrico, oseremmo dire e questa notazione critica è tanto più interessante, a nostro avviso, perché va ad intridere una gestualità che non manca di profilarsi oltre che di tipo “attuativo”, anche più libera ed eslege, fino al punto di favorire, talvolta, qualche esondazione del pigmento cui viene conferito dal gesto più largo un abbrivio più dilagante ed espanso.
Curiosamente, insomma, potremmo quasi dire che su un telaio d’ordine materico-informale, ispirato e sotteso da sensibilità largamente geometrizzanti, si sparga un’onda anomala e producente che rifiuta la costrizione disciplinare, imponendosi come libertà esondante e come produttività auto-generatrice ed autonoma.
Queste caratteristiche costituiscono l’impianto logico dell’opera di Aresca, ma ne definiscono anche l’assetto epistemologico, riducendo, in tal modo, a proporsi come tensione concettuale che s’afferma al di là delle specificità contingenti che ordinano ciascuna opera dell’artista nel proprio tempo e nello spazio che le contiene.
Non azzarderemo nessuna perimetrazione stilistica per questa pittura, pur osservando, come abbiamo già additato nell’incipit di questo nostro intervento che l’apparenza informale è quella che distingue connotativamente questa produzione creativa. Ma non v’è obbedienza disciplinare, evidentemente, né osservazione d’una casistica e d’un canone, conservando, piuttosto, questa pittura, un forte aggancio alla natura delle cose, l’esplicitazione d’un rapporto intenso con la vita e le sue manifestazioni più significative e più ricche. Rosario Pinto, Saggista, critico e storico dell’arte, docente di discipline storico-artistiche
(Accademia di Belle Arti di Catanzaro, Università di Napoli, UPN di Napoli).

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….chi osserva i suoi quadri e' infatti parte attiva ed integrante dell'opera stessa, ne viene coinvolto grazie alla miscela coloristica e alla forza delle trame, entra nel sogno di un altro uomo e lo fa suo, aggiungendo significati emotivi ulteriori
. Per questo l'opera di Aresca sembra appartenere a chiunque la guardi e trascina dentro il suo vortice chiunque sia sensibile al coinvolgimento passionale proprio solo dell'arte.
Diverso da tutti, questo pittore sembra pero' conoscere quel linguaggio universale del sentimento che da millenni e' retaggio ed attributo proprio dell'espressione artistica.
La spatola nelle mani di Aresca combatte e ama il colore che si dirama sulla tela con la potenza della tecnica e del pensiero dell'artista….
Critica di Gregorio Rossi e Chiara Filippini (Critici e storici d'arte)

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Una raccolta d'arte contemporanea Italiana - Museo di Monreale
La pittura di Dino Aresca è animata da colori vivaci che si rincorrono in moti ritimici e armoniosi, creando coreografie visionarie.
L'Artista ricorre alla tecnica mista utilizzando la spatola con maestria, creando trasparenze, velature, tramite indediti intrecci segnici.
In Inizio di un sogno le forme sono fluttuanti, come bolle che corrono sulla superficie pittorica, punteggiandola di vibranti cromatismi, In Striature esplose linee sottili attraversano lo spazio, che accoglie sfumature e bagliori sottili, dove il colore appare più suggerito che applicato, coniugato comunque in una serie di rimandi visivi che sembrano riprodurre la radiografia di un sogno.
Queste opere rivelano una ricerca meditata, che afferma sulle tela il senso di un percorso liberatorio, coinvolgendo l'osservatore nell'esplorazione appassionata di un cosmo fantasmatico, denso di annunci vitali, come un caos primigenio.
Critica del Prof. Paolo Levi

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Espressionismo astratto
L'Artista Dino Aresca in quest'opera indaga le diverse sfumature dei pigmenti arrivando ad elaborareun linguaggio proprio.
Dino Aresca nella sua composizione traccia quelli che sono i labirinti del pensiero dell'uomo artista. Labirinti in cui alla psiche è concesso di muoversi.
Una rivisitazione del filo di Arianna costituito ora da una rete fatta da strette maglie romboidali in cui l'ho vaga.
La rete è squarciata a simboleggaire l'usscita dal caos in cui la propria anima è costretta a vivere.
Poitremmo considerare quest'opera una delle più importanti a livello concettuale degli ultimi anni e la stessa può benissimo essere letta come un paesaggio dell'interiorità umana e nello specifico dell'Artista, dove sentimenti, emozioni e deliri interiori si mescolano al fine di delineare quello che è il percorso introspettivo dell'Artista stesso.
Un percorso che porta Dino Aresca ad interrogare sè stesso.
E l'Io risponde a gran voce svelando i suoi segreti, condividendoli con il fruitore che ha così l'occasione di conoscere un animo percorso dall'intenso desiderio di vivere la sua arte senza esitazioni.
Vitalità e forza contraddistinguono quest'arte e il suo tessuto espressivo e la pongono ai più alti livelli della narrazione pittorica contemporanea.
Dott. Salvatore Russo - Critico d'Arte rivista "EFFETTO ARTE"

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Dino Aresca è artista gestuale che, rivolgendosi all’espressionismo astratto, si esprime attraverso una cromia accesa, magmatica e di forte impatto visivo. Il suo impegno in pittura si esplicita in prove dense e istintuali, che vanno lette seguendo i percorsi scritturali dei suoi getti di colore e dei suoi strumenti di lavoro. È il continuatore della ricerca informale americana dell’action painting: va detto che quell’esperienza d’oltre oceano solo apparentemente si è mossa nell’’ambito irrazionale del gesto gratuito.
In realtà il trasporto e il vigore degli autori americani era sostenuto da una ragione ben finalizzata, che trasferiva l’onda emozionale del proprio inconscio alla mano e al colore per dare un’immagine – e quindi un ordine formale – a un caos non solo soggettivo, interpretandone e rivelandone l’insignificanza e la radicale problematicità.
È certo che della medesima vigoria instintuale sia padrone anche Aresca quando applica ai colori acrilici o a olio sulla tela, fermandosi solo a lavoro compiuto, quando cioè lo spazio si è organizzato sotto i suoi occhi e sotto le sue mani in una composizione visiva esauriente come l’orchestrazione di uno spartito musicale, dove ogni segno, ogni macchia, ogni graffio di spatola, ogni manipolazione della materia ha conquistato il suo ruolo specifico nell’occupazione del supporto.
Sono quadri che esplodono verso l’esterno o che implodono come spinti da una forza centripeta, comunque sempre fortemente dinamici, espressi in una grafia che fa pensare al lavoro dell’americano Mark Tobey.
La gestualità di Aresca è dunque irrazionale solo in senso strettamente tecnico, in quanto i suoi lavori si presentano come soggetti in fieri, che prendono corpo imprevedibilmente, o comunque prescindendo da qualunque premeditazione.
In Inquietudine, in un gioco visivo quasi monocromatico, segni netti scandiscono tonalità verdi, bianche e grigie, in fuga verso l’alto dove una mutazione di tono rossiccio sembra alludere a una continuità interrotta dai confini della tela, o al moto rotatorio di una mappa siderale.
Spazi lacerati e ricomposti sono invece gli Intrecci di colore, dove forti e decisi segni neri, rossi e bianchi sono il contrappunto visivo di fasce cromatiche fittamente reticolate e trattenute sui toni più tenui del giallo, del grigio, del rosso e dell’azzurro.
L’effetto ottico della composizione muta a seconda della distanza dell’osservatore: inquietante e intricato da vicino, serenamente composto in gioco luminoso di evanescenze da lontano.
Forti e squillanti sono invece i contrappunti cromatici di Buco nero e di Simbologie artistiche. In queste due composizioni il blu, il rosso, il nero, il giallo e il bianco si contrappongono in un insieme caotico, dove la materia si espande come un liquido denso.
Assai simili dal punto di vista coloristico, le due opere si pongono tuttavia agli estremi opposti dal punto di vista della composizione: la prima appare come un vortice in movimento, dove ogni tacca di colore sembra il frammento di un caleidoscopio, che assume forme e assetto sempre diversi e, in potenza, nuove opportunità visive.
La seconda invece definisce una spinta verso l’alto, come un getto di luci pirotecniche, disegnando una sorta di costellazione alla ricerca di un posizionamento definitivo e stabile.
Curiosamente lattiginosa è infine la materia pittorica di Volo il tempo, dove piccoli frammenti solidi interrompono il fluire del magma bianco, creando trasparenze e tracce misteriose che sembrano corrosioni e detriti, come se un fuoco segreto covasse sotto la superficie umida di un terreno innevato.
“Le Allusioni del Colore” - Editoriale Giorgio Mondadori a cura del Critico d’Arte Prof. Paolo Levi

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Materia e colore, ecco le cose di cui ha bisogno un pittore.
Le declinazioni della tecnica portano poi il singolo artista a concentrare la proprio individualità secondo uno stile personale. Dino Aresca però valica i tradizionali confini del descrittivismo o dell’astrattismo fine a se stesso e chiama in gioco una componente spesso dimenticata dagli autori: il pubblico.
Chi osserva i suoi quadri è infatti parte attiva ed integrante dell’opera stessa, ne viene coinvolto grazie alla miscela coloristica e alla forza delle trame, entra nel sogno di un altro uomo e lo fa suo, aggiungendo significati emotivi ulteriori.
Per questo l’opera di Aresca sembra appartenere a chiunque la guardi e trascina dentro il suo vortice chiunque sia sensibile al coinvolgimento passionale proprio solo dell’arte.
Diverso da tutti, questo pittore sembra però conoscere quel linguaggio universale del sentimento che da millenni è retaggio ed attributo proprio dell’espressione artistica.
Non si deve cercare di intravedere paesaggi o personaggi resi in un movimento astratto, con c’è intenzione di mimesi e neppure negazione di essa, nelle opere di Aresca la pittura è pittura, e questo è tutto ciò di cui un quadro ha bisogno.
La spatola nelle mani di Aresca combatte ed ama il colore che si dirama sulla tela con la potenza della tecnica e del pensiero dell’artista.
La fotografia, la poesia, la musica sono tutte componenti che entrano a far parte della concezione estetica dei quadri di Aresca, lui che si cimenta nelle più svariate espressioni dell’arte riuscendo a coniugarle in un sentimento univoco.
La tradizionale classificazione dei periodi artistici ci porta a credere che in un determinato momento storico si debba necessariamente dipingere in un determinato modo.
Così non è adesso e non è mai stato: ci sono sempre state e per fortuna sempre ci saranno le voci fuori dal coro, voci troppe volte rimaste inascoltate o dimenticate col passare dei secoli.
Ma sono quelle voci che in certe occasioni hanno cambiato il corso della storia dell’arte (e certo questo è successo anche in molti altri campi dell’umano intendere, dalle scienze alla politica).
Quale dunque il discrimine tra l’essere rivoluzionari e l’essere destinati all’oblio?
Purtroppo non c’è una risposta nel momento in cui questi fuori dal coro si esprimono, soltanto il tempo potrà dare risposta in tal senso.
Ai contemporanei però, se è tolta la facoltà di previsione e determinazione, rimane sempre l’assoluta gioia nel poter scoprire ed interrogarsi, nel farsi trascinare in qualcosa di inusuale ed impensato, perché questo è il grande e stupefacente mondo dell’arte: il riuscire ad essere sorpresi da qualcosa quando si dava sino a prima per scontato di aver ormai visto tutto.
Gregorio Rossi e Chiara Filippini

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I suoi quadri non si guardano, si ammirano!
La miscela di colori, l’esplosione dell’immagine, la ricerca della materia nascosta, l’artistica confusione, denota un animo sincero spontaneo gentile.
Dino Aresca è un artista puro, entusiasta delle sua arte, le sue opere nascono da momenti attuali, immediati, spontanei.
Dino Aresca, autentico artista contemporaneo, modesto e generoso, altruista. La sua arte è vera arte, come è vera la sua vita, la sua persona, la sua anima gentile, i suoi occhi luminosi come il cielo che sanno vedere il bello!
Ma soprattutto, con la complicità della notte profonda, misteriosa, che nel silenzio, Dino Aresca rivela l’artista che in lui l’ispirazione sublime ed in un turbine di colori la trasferirà, sulle sue tele che parleranno per sempre della sua originale creatività.
Prof. Umberto Burlando

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Nel parossismo del colore
Da un attento confronto con la pittura di Dino Aresca emerge chiaramente il profilo di una ricerca che si affida interamente al divenire del colore, alle sue incessanti trasformazioni. Da un punto di vista storiografico-artistico Aresca si pone in sintonia con il linguaggio informale, con lo sviluppo di una pittura che è aliena da riferimenti realistici o aneddottici. Il colore non è un’entità statica, ma una dimensione pulsiva, lirica, vibrante che nessuno schema o configurazione può delimitare o confinare.
Da questa premessa scaturisce una pittura in cui lo spazio si pone come realtà incondizionata, priva di riferimenti prospettici per essere dominio puro della luce-colore, dei suoi cangianti e mutevoli riflessi. Pertanto nelle sue composizioni non si constata la presenza di forme plastiche o di masse cromatiche, ma di atmosfere incandescenti, quasi astrali o galattiche nella loro costante evoluzione che si dispone in segni, macchie, strati, sovrapposizioni. La materia cromatica come origine del tutto e a cui tutto ritorna: questo appare essere il fondamento della personale pittura di Aresca, l’orientamento della sua lirica astrazione.
Del colore l’artista accentra la sua dimensione organica, genetica, come si evidenzia in opere quali Astrazione nell’Immensità 2, Esecuzione di una parola, La grande Duna, Ordine di Concetti.
Il suo linguaggio espressivo non è quello della meccanica esecuzione, del gesto perentorio tipico di un certo automatismo surrealista, la vocazione di Aresca è piuttosto pervasa da intensità contemplativa.
Per lui l’attimo non si concentra nel singolo segno o gesto, ma è dilatazione di forze ed energia, imbevute di luce, che annunciano possibili paesaggi della mente o meglio dell’animo.
La sua pittura scava nel profondo, nelle molteplici tensioni dell’inconscio dove la bellezza è ancora ad uno stato primordiale, ma proprio per questo non ancora corrotta da sovrastrutture e pregiudizi. Indubbiamente l’artista si avvale di metodi e procedimenti espressivi lontani da condizionamenti accademici o puramente formalistici.
La pittura, infatti, è un’esperienza vitale, vive concretamente di stimoli, impulsi, desideri e bisogni, come anche di ostacoli e contraddizioni.
Essa è una lotta che riguarda l’uomo nella sua integrale compenetrazione di anima e corpo. Così la pittura assume connotazioni esistenziali, poiché non più disponibile per sugellare ideologie, teorie, si alimenta di quelle azioni, pensieri che scandiscono il ritmo quotidiano del vivere.
L’arte di Aresca fa intravedere nelle sue composizioni uno spazio di suggestioni, frutto di condensazioni e rarefazioni della luce e del colore le cui mutevoli presenze trasmettono un senso di infinito, di permanente contaminazione.
Nelle opere dell’artista non si avverte alcun richiamo di natura plastica in quanto la pittura accentua al massimo, sino ad una sorta di magico parossismo, le potenzialità infinite dei toni, dei loro riverberi percettivi.
Alle insidie latenti o esplicite della percezione l’optical art aveva dato le sue risposte cercando di razionalizzare la struttura del colore all’interno di patterns e permutazioni controllabili e verificabili, laddove per Aresca il colore, in quanto libera sensazione, nel suo fluire è dominato dal caso e dalla coincidenza o dal destino. Libertà infinta dunque, della pittura, dalla quale essa ottiene tutto ciò che vuole e fa vivere.
Murpunoza - Critico d’Arte
ARTE CULTURA – mese di GENNAIO

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Aresca, colori e forme di un animo
Definire Dino Aresca “pittore” non sarebbe corretto, anche se l’emissione alla composizione della rosa degli autori segnalati del concorso intitolato a Giovanni Olindo, che ora espongono alla pinacoteca di Mombercelli, gli conferisce pieno titolo a questa apposizione che però, nel suo caso, risulta abbastanza riduttiva, essendo l’arte figurativa piena soltanto una delle espressioni del suo animo corteggiato anche da altre espressioni artistiche sebbene forse con maggiore discrezione di quanto non faccia la pittura.
La scoperta di questo suo talento è stata cosa relativamente recente, quasi un’imposizione delle circostanze della vita che lo hanno costretto a frenare l’animo impetuoso che più volte l’aveva proiettato in viaggi in regione estreme, al limite della dell’impresa esplorativa, ed affermazioni in ambiti sportivi dove la tecnica ha ampio spazio, per cercare dentro se stesso quelle soddisfazioni che non era più consigliabile inseguire altrove.
Parliamo comunque soltanto di ampliamento della metodologia espressiva di un animo che comunque aveva già dato ampio prova di sensibilità, cogliendo con la macchina fotografica scorci naturali di rara bellezza, alcuni dei quali poi rielaborati in forma pittorica.
Ma il panorama,e più in generale la riproduzione della realtà così come tutti la vedono, non era la sua strada, cosa questa che gli fu fatta notare dal suo primo maestro Gianni Bruscato che lo consigliò verso l’astrattismo evolutosi poi, in varie occasioni, in “pitto-scultura” sperimentale con il maestro Piero Mazzotti.
Al primo colpo d’occhio, nelle opere di Dino Aresca, realizzate prevalentemente in acrilico e olio, a cui talvolta applica l’originale tecnica della sottrazione del colore, ovvero l’asportazione con un’opportuna spatola di quanto aveva precedentemente deposto con il pennello, si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un animo inquieto che mal si confà alla categorizzazione in uno schema preordinato. Schema apparentemente accennato da linee che sembrano ordinate in sequenze ortogonali che forse lo erano davvero prima che le pulsioni di un animo che non vuole essere prigioniero le avesse spezzate, o comunque curvate, in un susseguirsi di convergenze e divergenze dalla cui discontinuità sembra liberarsi l’essenza stessadell’animo dell’artista rappresentato dal colore. Questo comunque sempre ricco di luminosità anche in quei dipinti che danno ampio spazio alle tonalità più scure. Alla domanda di quanto e soprattutto quale tipo di studio vi sia stato a monte della realizzazione, l’artista ha risposto nessuno, almeno a livello cosciente, poiché l’unica preparazione che precede l’incipit dell’opera sono alcuni momenti di meditazione Raiki.
Con questa tecnica l’animo si libera di quanto non faccia parte della sua essenza primigenia cosicchè quest’ultima possa, al termine della preparazione, esprimersi libera dai condizionamenti che indistintamente tutti subiamo dal mondo esterno.
Pur rimanendo fedele alla propria originale ispirazione anche Dino Aresca ha subito il fascino che ammaglia gli artisti contemporanei, la “contaminazione”, ovvero la simbiosi di più forme espressive in concorso per dare vita ad opere che, interessando più sensi, possano coinvolgere con maggiore intensità emotiva lo spettatore. Dalle forme più semplici di “pitto-scultura”, ovvero pittura su oggetti tridimensionali, e didascalie in forma poetica, anche queste espressioni della sensibilità del proprio animo, l’autore ha intrapreso la strada complessa delle installazioni, dove l’arte figurativa, già arricchita di immagini e giochi di luce, si aggiungono colonne sonore da lui stesso composte.
Questa sua produzione ricca di qualità e quantitàha presto interessato la critica non soltanto nazionale, e così l’artista è stato invitato a partecipare a collettive personali non soltanto italiane. Alcune località tra le tante: Milano, Torino, Venezia, San Remo, Montecarlo e New York e sue opere fanno parte del patrimonio di numerose gallerie tra cui, per citare soltanto le estere, la “Cvb – The Carrozzini “Vonbybelgallery” a New York, e il Museo di arte contemporanea italiana in America a San Josè in Costarica. Dino Aresca vive e lavora a Mombercelli dove svolge anche l’attività di art designer: riceve nel suo atelier in frazione Pinna.
Domenico Bussi

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Linguaggio pittoresco che attrae nella fusione cromatica, coinvolgendo le armonie gestuali della sua ricerca.
L’artista esprime la propria creatività spingendo la sua pennellata oltre, evocando umori e sensazioni, equilibrate unicamente dalla sua identità.
Cesenatico, 26 giugno 2010
Mariorosa Belgiovine - Critico e direttrice Artexpò Gallery

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Come spesso accade nella produzione di Dino Aresca, l’esplosione tematizzata in quest’opera reca in sé un afflato siderale, una grandiosità cosmica. Lo spettatore potrà essere sopraffatto dall’impressione vertiginosa ed inebriante al tempo stesso di essere testimone del processo di formazione di una nebulosa galattica.
L’artista amplifica tale sensazione lavorando a sbalzo e colorando ad olio e lucido la cornice del dipinto, trasmettendo la sensazione che la carica centrifuga di questo big-bang generatore di universi si propaghi oltre i margini dell’opera.
Nella particolare modulazione delle cromie e nella ritmicità intuiamo una spiccata sensibilità musicale, una forte attitudine a fondere sinesteticamente colori e suoni.
D’altronde, che la musica sia un medium adattissimo ad esprimere cosmogonie è evidente dai tempi di Richard Wagner e del Preludio del suo Rheingold. Coerente con la sua natura di sperimentatore dell’ora zero della creazione, Aresca adopera esclusivamente colori primari, dalla sintesi dei quali ricava gli stadi successivi dell’evoluzione del cosmo, in un universo di sfumature.
La sagoma verde che si staglia sullo sfondo è un’immagine di lotta per la difesa dell’ordine cosmico (in greco kòsmos significa “ordine”) e nel contempo di rispetto ecologico per questo mondo, del quale noi tutti siamo effimeri abitatori.
Dott. Alberto Gerosa - Giornalista, critico d’arte. Ha scritto su i GOYA, cinema per istituzione Roberto Rossellini, Arte, Architettura, e turismo per AD, politica tedesca per “Il Giornale della Libertà”, corrispondente Mitteleuropa .

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Il fluire della materia
L’artista Dino Aresca, con personalissimo e studiato linguaggio pittorico, descrive un concetto di astrazione di notevole potenzialità, contenuto formale e consapevolezza.
Vediamo infatti come la propria esperienza artistica prenda una posizione importante: essa percettibile dall’osservatore, è capace di innescare uno spazialismo evolutivo che non lascia niente alla casualità ma piuttosto ad un lavoro cerebrale di alto livello. La sua modalità pittorica, in continua trasformazione, si fa da portavoce per delle avvincenti visioni progettuali interessantissime: l’uso di tecniche e materiali nuovi si stempera sulla tela con una responsabilità evidente, infinite combinazioni cromatiche si strutturano in una lavorazione oltre i limiti della mutabilità, articolate formulazioni di segni e volumi omogenei dall’indiscussa maestria creano un’atmosfera da ampio respiro.
La sua è una produzione in continua evoluzione, si possono davvero vedere l’incessante ricerca e la bellezza creativa che vivono intensamente nei lavori dell’artista con una comunicazione che si fonde magistralmente.
La rapida e sicura estensione gestuale ed il lirismo della sferzante coloritura emergono simultaneamente dall’opera traendo un gioco di accensioni e prospettive decisamente innovative.
Si inseriscono in questo contesto sensazioni e movenze di grande originalità che mostrano una dinamica diretta linfa vitale per la sua arte.
La passione e la professionalità rendono le sue opere intrise di qualità tecnica e pregnanza simbolica: emerge dal suo tessuto composito una modernità piena di carica esplosiva che richiama all’osservazione.
È un artista che riesce con la sua forza interpretativa ed il suo talento a generare vibranti effetti di cromatismo che lasciano spazio ad una versatilità immediata che desidera essere letta con l’animo.
La fisicità della materia ed il suo fluire costante lasciano trasparire una pluralità di immagini stupefacenti dal consistente valore estetico ed emotivo, capaci di muovere la leggerezza e l’essenza della materia guadagnando interesse di pubblico e critica.
Mosso da un istintivo percorso ma sempre costantemente analizzato, l’artista Dino Aresca presenta una serie di opere informali che, rigorose, acquistano significato ed una propria stabilità; la sua è una produttività che esprime quotidianamente una sperimentazione continua per un risultato che fa di lui un artista autentico. Un’arte che colpisce, che si muove in un mondo nuovo con la finalità di affascinarci.
Ermanno Corti – critico d’arte

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Una spazialità illuminata di cromatismi
Nella produzione pittorica dell’artista Dino Aresca si trova un’espressività stilistica-tecnica altamente rigorosa: essa, ben riconoscibile nell’opera, si concretizza validamente in un clima descrittivo del tutto coinvolgente ed irripetibile.
Accensioni tonali e resa formale si accordano con equilibrio in un’universalità ammaliante animata da una ricorrente ed assoluta energia sia professionale che rappresentativa.
Il Dino Aresca trae sapientemente dalle sue realizzazioni un mirabile tracciato segnico, mentre l’armonia dei movimenti e la fluidità materica vengono eseguiti con destrezza e maestria dei mezzi. La capacità di sintesi, la solida manualità e lo stile personale esprimono pienamente un valoroso e studiato dipingere, all’insegna di un’operatività unica fortemente descritta, quindi è un operare che va osservato attentamente.
L’elaborata tecnica si impone con autenticità ed evidente abilità compositiva: incalzanti sono i costrutti e le cromie che creano una padronanza segnica di grande rilievo.
Le titolazioni “colori astratti” e “fuori dagli schemi”, pervase da notevole fascino, aleggiano in una spazialità prospettica importante intrisa di luci, colori e simboli che non fanno altro che sottolineare un astrattismo molto incisivo mosso da consapevolezza.
La spatolata ampia e ben stesa ci presenta forme e segni sempre ritmati e modulati: essi, intervallati da mutevoli effetti visivi, si integrano in una esistenza concettuale ricca di preziosa identità strutturale e compiutezza grafica.
Prediligendo la tecnica mista su tela il Dino Aresca con vibrante personalità e sicurezza della materia coglie intense sensazioni suscitando così nell’osservatore costanti emozioni. Pienezza del tratto, gestualità dinamica e dimensione del cromatismo ci svelano un’arte dall’indiscussa maturità pittorica.
Infatti, in una incalzante narrativa avanguardistica, si susseguono spettacolari atmosfere chiaroscurali che rivelano un artista dal sicuro temperamento e talento.
Guidato da un preciso filone artistico, il Dino Aresca realizza opere ricche di originalità e carica intimistica.
Sono pertanto opere di forte impatto visivo che si fondano in una creatività importante interpretata con costante studio e incessante ricerca, sempre eseguita con particolare cura e precisa modalità pittorica.
M. Moli - Critico d’Arte

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